RECENSIONE – Se ho paura prendimi per mano di Carla Vistarini
Quando ho comprato questo romanzo, tutto mi aspettavo, ma non
di trovare un bellissimo romanzo. Ebbene sì, lo reputo tale. Fatto di uno stile
immediato, con un linguaggio scorrevole e privo di rallentamenti. Molto intenso
e allo stesso tempo delicato, che unisce paura e richiesta di aiuto. La storia
si apre durante una rapina ad un supermercato, dove testimone è lo Smilzo, un
barbone trentenne, che ha una visione della vita molto disincantata, del quale
leggiamo i pensieri e non i discorsi, e questi ci raccontano tutto ciò che
succede durante l’atto brutale, commentandolo minuto per minuto. Lo Smilzo,
sembra al di fuori di tutto, e nonostante la gravità del fatto, non sembra
essere particolarmente preso. Solo la presenza di una bambina solitaria, che
sbuca nel bel mezzo del caos, lo proietta nella realtà dei fatti. La bambina ha
sui tre anni, somiglia ad un puttino di Michelangelo, ma non sembra un tipo che
si spaventa facilmente, nonostante non abbia i genitori intorno. Quella che
all’inizio lo Smilzo, scambia per la madre uccisa durante la rapina, si renderà
conto molto presto che non ha nessun legame con lei e che la situazione non è
semplice come appare. La nana (la bambina) chiamata così perché non parla dallo
Smilzo non è di aiuto, perché l’unica cosa che riesce a pronunciare e non senza
difficoltà è: “F-f…fangulo!” Attraverso i suoi pensieri veniamo a conoscenza di
chi era un tempo lo Smilzo, prima del nostro incontro. Era un mago della
finanza, laureato in economia e con un master per giunta. Come sia finito a
fare il barbone lo scopriremo pian piano nell’arco della storia. Ma il problema
più grande, la sua più grande preoccupazione è da quel momento la bambina. Lui
non vuole averne la responsabilità, ma ad un tentativo di consegnarla alla
polizia, segue una sparatoria e un tentativo di rapimento della nana. Perché?
Che cosa vogliono da questa bimba? Dall’oscurità emergono lentamente gli altri
personaggi. Si capisce subito chi sia il buono e chi il cattivo, mentre il
nostro eroe cerca di instaurare un rapporto improbabile con la bambina, dove
tenta di farle capire che lui non può tenerla con sé, perché lui è un barbone
senza una casa. Ma i due debbono comunque fuggire insieme, rincorsi da un
avvocato senza scrupoli, con un piano riprovevole, e un prete che tutto sembra
meno che un messaggero di Dio in terra. L’imperativo dei due è fuggire e mentre
la fuga continua, i personaggi a corollario della storia si susseguono.
L’avvocato Brandt, il cattivo della storia, e un altro personaggio che vuole a
tutti i costi uccidere lo Smilzo. Un vecchio professore di fisica con il suo
cane parlante, un russo che canta allegramente Oci Ciornie, un commissario che
più stralunato di così non si può e assassini vaganti pronti a sparare contro
tutto e tutti. Tutto questo moltiplica la nostra voglia di sapere in cosa i
nostri eroi siano coinvolti, spingendoci a sfogliare una pagina dopo l’altra,
alla ricerca degli elementi che ci possano portare finalmente alla risoluzione
dell’enigma. Non ci sono molte parti descrittive, tutto è incentrato nei pensieri
dello Smilzo, immediati e quotidiani. Discorsi seri, di fughe, di probabili
assassini, morti senza senso, uniti insieme da battute comiche e a pensieri
sparsi che fanno sorridere. In apparenza non si direbbe un thriller di questo
libro, però lo è. La protagonista bambina sembra provenire da un sogno,
portando con sé un peso troppo grande per lei: la sua stessa vita, per la quale
qualcuno combatterà. Ci sono scene molto divertenti, tra lo Smilzo il
professore con l’Alzheimer e il suo cane parlante Picchio. L’uno non ricorda di
conoscerlo, l’altro spera in un suo aiuto, il cane è l’unico che ragiona
insieme alla piccola senza nome, e l’adulta in qualche occasione sembra proprio
lei, così seria e imbronciata. Lo Smilzo risulta essere una personaggio quasi
“vivo”, come toccarlo al tatto, tanto è naturale e reale da avere quasi un dialogo
con il lettore. Ma la palma della simpatia va alla “nana”, non è possibile non
affezionarsi a lei, vittima di una storia così cattiva. Il romanzo inizia con
nel segno del giallo, ma ha risvolti noir, nonostante la scrittura sia dolce e
delicata, incentrata sulla figura della bimba senza nome. Questa creatura,
questo essere indifeso, che avrà come suoi paladini lo Smilzo e il prete, il
professore e il suo cane parlante, un corollario di amici strampalati pronti a
tutti per difenderla. Anche se all’inizio la bimba sembra non avere nessuno, ma
nel corso della storia scopriremo che una mamma ce l’ha, rinchiusa in una
gabbia di follia creata appositamente per lei. Quindi le anime da salvare sono
due. L’autrice ci lascia quasi in con l’animo in sospeso, con un finale al
cardiopalma, fatto di inseguimenti sulla carta tradotti in capitoli veloci che danno al finale un ritmo
sincopato. Il bello però, di questo romanzo, è la sua semplicità, dato da una
scrittura scorrevole e senza parole arzigogolate. L’autrice ha un dono, quello
della semplicità di raccontare le cose, e lo fa con una grazia eccezionale.
Voto: 9
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