giovedì 16 maggio 2019

RECENSIONE – Il sergente della neve di Mario Rigoni Stern (di Maria Lombardi)



Il romanzo racconta le vicende di un’unità di alpini sulla riva del Don, rinchiusi nelle loro postazioni in attesa di combattere i russi, appostati sulla riva opposta del fiume. Il racconto è diviso in due parti: la prima, intitolata Il caposaldo e ambientata nelle postazioni difensive italiane, descrive la monotonia della vita dei soldati costretti a vivere in condizioni disumane, lontani dalla propria terra e mandati in una terra fredda, lontana e straniera. La seconda parte, intitolata La sacca, descrive la difficile ritirata degli alpini che cercano in ogni modo di scappare dai nemici russi. I soldati trascorrono le giornate in compagnia di topi e pidocchi, svolgendo i servizi di guardia e pattuglia; sono isolati, stremati dal freddo e dalla fame, e ricevono ordini contrastanti dai loro superiori. L’unico punto fermo è il sergente-narratore. Quando arriva l’ordine della ritirata, inizia il calvario dei soldati, prostrati dalla marcia, dallo zaino pesantissimo, dall’angoscia di non tornare a casa e, soprattutto, dal generale inverno. “Sergentmagiù, ghe rivarem a baita?”, ripete spesso Giuanin, che morirà nella cruenta battaglia di Nikolaevka con tanti altri commilitoni; a queste perdite si aggiungeranno numerosi disertori. Il protagonista-narratore-sergente Rigoni Stern riuscirà a vincere la fame, l’angoscia, il grande freddo e il dolore e sarà tra i pochi a fare ritorno in Italia. Il sergente nella neve è un resoconto storico e umano di uno degli eventi più tragici (la campagna di Russia) di una guerra voluta fortemente, ma non preparata, dal Regime per darsi lustro e prestigio. Il libro è la testimonianza del dramma umano vissuto dall’Armata Italiana, fatta di soldati che cercano di rimanere uomini nonostante tutto.

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