Il romanzo
racconta le vicende di un’unità di alpini sulla riva del Don, rinchiusi nelle
loro postazioni in attesa di combattere i russi, appostati sulla riva opposta
del fiume. Il racconto è diviso in due parti: la prima, intitolata Il caposaldo
e ambientata nelle postazioni difensive italiane, descrive la monotonia della
vita dei soldati costretti a vivere in condizioni disumane, lontani dalla
propria terra e mandati in una terra fredda, lontana e straniera. La seconda
parte, intitolata La sacca, descrive la difficile ritirata degli alpini che
cercano in ogni modo di scappare dai nemici russi. I soldati trascorrono le
giornate in compagnia di topi e pidocchi, svolgendo i servizi di guardia e
pattuglia; sono isolati, stremati dal freddo e dalla fame, e ricevono ordini
contrastanti dai loro superiori. L’unico punto fermo è il sergente-narratore.
Quando arriva l’ordine della ritirata, inizia il calvario dei soldati,
prostrati dalla marcia, dallo zaino pesantissimo, dall’angoscia di non tornare
a casa e, soprattutto, dal generale inverno. “Sergentmagiù, ghe rivarem a
baita?”, ripete spesso Giuanin, che morirà nella cruenta battaglia di
Nikolaevka con tanti altri commilitoni; a queste perdite si aggiungeranno
numerosi disertori. Il protagonista-narratore-sergente Rigoni Stern riuscirà a
vincere la fame, l’angoscia, il grande freddo e il dolore e sarà tra i pochi a
fare ritorno in Italia. Il sergente nella neve è un resoconto storico e umano
di uno degli eventi più tragici (la campagna di Russia) di una guerra voluta
fortemente, ma non preparata, dal Regime per darsi lustro e prestigio. Il libro
è la testimonianza del dramma umano vissuto dall’Armata Italiana, fatta di
soldati che cercano di rimanere uomini nonostante tutto.
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