sabato 25 maggio 2019

RECENSIONE – Achille piè veloce di Stefano Benni (di Maria Lombardi)



Achille piè veloce richiama volutamente i miti omerici: il protagonista è Ulisse, che si lascia tentare da Circe; il coprotagonista, che dà il nome al romanzo, è Achille, piè veloce, un ossimoro, poiché l’eroe è costretto all’immobilità. Ulisse è uno scrittore in piena crisi creativa: ha pubblicato un solo libro e lavora presso una casa editrice vicina al fallimento come lettore di scrittodattili, racconti di scrittori principianti che, nella sua immaginazione, vengono fuori in miniatura dalla sua tasca chiedendogli di essere letti per primi. Ulisse è affetto da narcolessia, una patologia ereditata dal padre panettiere; viene retribuito scarsamente e saltuariamente; è innamorato di Pilar, una splendida sudamericana senza permesso di soggiorno, che si batte per mantenere il suo posto di lavoro presso un centro commerciale, ma non disdegna avventure extra, in primis con la segretaria della casa editrice, l’avvenente Circe. Un giorno Ulisse riceve la lettera di Achille, un ragazzo molto colto ma recluso in casa dalla madre e dal fratello a causa di una grave malformazione che lo ha costretto alla sedia a rotelle e a comunicare grazie a un computer. Tra i due si instaura una strana ma forte amicizia; si raccontano e arricchiscono le loro esistenze a vicenda. La storia si svolge in una città non precisata, soprattutto in luoghi chiusi come l’abitazione di Ulisse, la casa editrice presso cui lavora e la stanza di Achille. La durata è di qualche settimana di una stagione fredda, probabilmente l’inverno. Il romanzo è anche una critica alla società moderna: lo sfruttamento degli immigrati (Pilar, licenziata dal centro commerciale, è costretta a “vendere” il suo corpo, lavorando come cubista); il disabile “recluso”; la brama del successo (Febo, il fratello di Achille, aspira a entrare in politica, e vorrebbe condurre il fratello disabile in clinica per non rischiare danni all’immagine), accompagnata da prepotenza e priva di valori, scrupoli e correttezza; il consumo incontrollabile, incarnato dal centro commerciale Shop Eden, meta di un’umanità pronta a spendere tutto ciò che la società gli offre, senza curarsi della precarietà di chi vi lavora.

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