Achille piè veloce richiama volutamente i miti
omerici: il protagonista è Ulisse, che si lascia tentare da Circe; il
coprotagonista, che dà il nome al romanzo, è Achille, piè veloce, un ossimoro,
poiché l’eroe è costretto all’immobilità. Ulisse è uno scrittore in piena crisi
creativa: ha pubblicato un solo libro e lavora presso una casa editrice vicina
al fallimento come lettore di scrittodattili, racconti di scrittori
principianti che, nella sua immaginazione, vengono fuori in miniatura dalla sua
tasca chiedendogli di essere letti per primi. Ulisse è affetto da narcolessia,
una patologia ereditata dal padre panettiere; viene retribuito scarsamente e
saltuariamente; è innamorato di Pilar, una splendida sudamericana senza
permesso di soggiorno, che si batte per mantenere il suo posto di lavoro presso
un centro commerciale, ma non disdegna avventure extra, in primis con la
segretaria della casa editrice, l’avvenente Circe. Un giorno Ulisse riceve la
lettera di Achille, un ragazzo molto colto ma recluso in casa dalla madre e dal
fratello a causa di una grave malformazione che lo ha costretto alla sedia a
rotelle e a comunicare grazie a un computer. Tra i due si instaura una strana
ma forte amicizia; si raccontano e arricchiscono le loro esistenze a vicenda.
La storia si svolge in una città non precisata, soprattutto in luoghi chiusi
come l’abitazione di Ulisse, la casa editrice presso cui lavora e la stanza di
Achille. La durata è di qualche settimana di una stagione fredda, probabilmente
l’inverno. Il romanzo è anche una critica alla società moderna: lo sfruttamento
degli immigrati (Pilar, licenziata dal centro commerciale, è costretta a
“vendere” il suo corpo, lavorando come cubista); il disabile “recluso”; la
brama del successo (Febo, il fratello di Achille, aspira a entrare in politica,
e vorrebbe condurre il fratello disabile in clinica per non rischiare danni
all’immagine), accompagnata da prepotenza e priva di valori, scrupoli e
correttezza; il consumo incontrollabile, incarnato dal centro commerciale Shop
Eden, meta di un’umanità pronta a spendere tutto ciò che la società gli offre,
senza curarsi della precarietà di chi vi lavora.
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