Ritorniamo ad Holt, dopo aver
letto la trilogia della pianura. Quella che leggiamo in Vincoli, è una Holt
molto molto antica, una Holt in costruzione. Siamo tra la fine del 1800 e
l’inizio del 1900. I protagonisti della
nostra storia fanno, quasi, tutti parte della famiglia Goodnough. Roy
Goodnough, agricoltore, è la sola cosa che sa fare nella vita. Uomo molto duro.
Pur di non rimanere sotto lo stesso tetto dei suoi genitori, non esita a
partire per le ignote terre del Colorado, con la sua esile moglie appena
sposata, Ada, che nonostante non volesse lasciare la sua terra e la sicurezza
della vicinanza della sua famiglia, parte al seguito del marito in un
lunghissimo viaggio verso l’ignoto. La terra promessa di Roy non è altro che
una terra brulla e sabbiosa. Ma Roy è ostinato e determinato a restare e a
creare qualcosa dal nulla. La prima vittima della sua ostinazione è proprio sua
moglie Ada, che muore per la fatica e la depressione. La sua morte segna anche
la vita dei suoi due figli, Edith e Lyman. Soprattutto quella di Edith che a
diciassette anni si ritroverà a fare la “mamma”. Molte cose nel romanzo vengono
come sottaciute, non rivelate, se non con brevi frasi messe nel discorso. Come
ha fatto con la moglie, Roy continua ad esercitare la stessa violenza con i
suoi figli, che sono costretti a vivere una vita di privazione e in una
continua monotonia, con il tempo scandito dal raccolto, dalla pulizia della
casa e dalla mungitura delle vacche. Roy, che diventerà sempre più violento,
dopo che un incidente gli porterà via entrambe le mani, e darà l’occasione a
Lyman di affrancarsi dalla famiglia e fuggire via lontano. Rimarrà Edith, che
nonostante esprima tutta la sua disperazione per la sua solitudine, rimarrà
fedele a quel padre padrone, che la costringe a infinite sofferenze. “Non era
sola per un pomeriggio o per un mese, lo era un anno dopo l’altro,
costantemente, e non aveva alcun motivo di credere che le cose sarebbero mai
cambiate”. Edith, nonostante la sua desolazione, incarna un senso di giustizia,
di purezza, di abnegazione. Chiamata al dovere, risponde sempre di sì, non
pensa mai a sé stessa. Il sottrarsi al dovere non è contemplabile per lei. Una
mano tesa, in aiuto, le viene dall’esterno. Sanders Roscoe, il figlio del suo
vicino John Roscoe, quello che sarebbe
stato il suo amore per sempre, se suo padre non l’avesse voluta per sé, è
quello che le promette un cambiamento, una svolta, un po’ di felicità. Il
ritorno di Lyman a casa porterà ai due fratelli un po’ di pace e di giorni
felici. Ma sarà di breve durata. Lyman dopo un incidente d’auto diventerà un
uomo diverso, un uomo a cui sua sorella dovrà fare da mamma, da sorella e da
moglie. Un uomo che diventerà violento come lo era stato a suo tempo suo padre
prima di lui. E la vita di Edith rimpiomberà in un circolo vizioso di violenza,
solitudine e sacrifici assurdi e assoluta abnegazione, dovuta soprattutto ai
vincoli di sangue. A raccontarci la storia è lo stesso figlio del vicino,
Sanders Roscoe, quello che ha cercato di aiutare Edith in tutti quegli anni. Lo
fa raccontando la vera storia di Edith e Lyman e non quella che un giovane
cronista di Denver vorrebbe che spacciare per vera, accusando Edith
dell’omicidio di Lyman. Haruf ci descrive tutto ciò che ci circonda
dettagliatamente, senza perdere nulla, in una prosa lenta e descrittiva. Riesce
a farci percepire, attraverso le sue parole, l’infinita desolazione, la
violenza accecante, la follia di chi circonda Edith, che è giovane e bella, ma fedele
a quelli che lei crede valori irrinunciabili: il padre, il fratello, la casa,
la terra. Voto: 8
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