venerdì 6 dicembre 2024

RECENSIONE - Omicidio in parrocchia di Rev. Richard Coles

 

L’autore ci porta a Champton, sonnacchioso paesino della campagna inglese. Siamo alla fine degli anni ’80, quando il clima, politico e anche religioso stavano subendo un cambiamento radicale che avrebbe mischiato molte carte in gioco.
David Clement è il rettore della parrocchia, ma fino ad ora si era diviso tra le chiese di St Mary, Lower e Upper Badsaddle. Ora è alle prese anche lui con un grande cambiamento, dopo tutto quello che era già successo l’anno prima, con i vari omicidi dei suoi parrocchiani (Omicidio all’ora dei vespri, il precedente romanzo), che avevano stravolto la sua esistenza, il vescovo ha deciso di dargli un aiuto. Infatti, è in arrivo il pastore evangelico Chris Biddle, con cui Daniel dovrebbe collaborare, ma per quanto si sforzi non riesce a digerirlo.

Poco tempo dopo l’arrivo della nuova famiglia, nel villaggio che aveva appena ripreso il suo normale tran tran, viene commesso un nuovo omicidio, e anche questa volta, Daniel, si vedrà costretto a seguire le indagini, insieme al suo nuovo amico, il detective della polizia criminale di Braunstonbury, Neil Vanloo.
Purtroppo l’omicidio riguarda proprio la famiglia del nuovo pastore. La vittima è il figlio Joshua, trovato ucciso in modo macabro, tanto da far pensare a un omicidio rituale, e per questo Daniel ne viene fatto parte.
Oltre all’omicidio di Joshua, Daniel dovrà tenere d’occhio la famiglia dei Tailby, che si sono accasati nella villa di Mrs Hawkins, che è in punto di morte, è molto ricca, e non ha nessun parente a cui lasciare la sua eredità. E i Tailby hanno la brutta fama di essere degli approfittatori senza scrupoli e di apparire, negli ultimi tempi, ogni qual volta un malato in fin di vita è ricco e senza eredi.
Quindi la vita del reverendo Clement è tutt’altro che facile. Non è solo passeggiate in campagna con i cani, non è solo dire messa, ma anche risolvere le grane che ogni parrocchiano gli racconta.
Anche Mrs Hawkins nascondeva molti segreti che verranno a galla dopo la sua dipartita, e dei quali si occuperà, Audrey, la madre del reverendo Clement, mettendo in serio pericolo anche la propria vita e la sua casa.

“Omicidio in parrocchia” è il classico giallo inglese, definito anche “cozy mistery”, che nasconde qualsiasi forma di crudeltà, anche se è presente un omicidio sul quale indagare. È un romanzo dove si parla molto, forse anche troppo, dei dettagli sulla vita nel villaggio, in particolare del modo di vivere di un canonico alla fine degli anni ’80, legato ancora al vecchio mondo delle canoniche delle famiglie nobili. Anche in questo romanzo ne abbiamo una la famiglia de Floures, che abita in Champton House ed è proprietaria di quasi tutto il villaggio e della canonica stessa.
Oltre a Daniel, Audrey e Neil Vanloo, conosceremo una girandola di personaggi che sono adatti in ogni modo a intersecarsi nella storia, Mrs Hawkins sia da viva che da morta, avrà la sua parte, Miss March che prenderà il posto, guarda caso, di una donna uccisa nell’altro capitolo, avrà anche lei, in qualche modo, il motivo per cui essere una sorta di protagonista. Gli abitanti della villa: Bernard, il capofamiglia, i figli Alex e Honoria, e anche il primogenito ed erede Hugh con la nuova fidanzata Michelle, che saranno motivo di discussione e anche loro avranno un ruolo fondamentale nell’intreccio giallo del romanzo.
E poi Cosmo e Hilda, i due bassotti del reverendo Clement. Anche loro avranno un ruolo molto fondamentale per la scoperta del vero omicida, soprattutto Hilda con il suo modo di fare un po’ strano e particolare.

Il libro è carino e leggibile. È un giallo leggero e non particolarmente cruento. Le indagini sono studiate molto bene. L’unica cosa che rimprovero al Reverendo Coles è quello di essere molto prolisso. Si allunga molto sul mondo religioso e le sue tradizioni, ma forse è proprio la sua professione che tenta di spiegare, e ce la propone inserendo un giallo al suo interno.
Il consiglio che vi do, è quello di leggere l’altro capitolo prima di questo, perché l’autore, molto spesso fa riferimento a fatti accaduti precedentemente.

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - La teoria dello spillo di Michele Brusati

 

Milano, 2015
“A tirar giù uno spillo da questo finestrino, ora, a farlo cadere su Milano, puoi stare certo di una cosa: lo spillo beccherà un tizio intento a fregare qualcun altro. In questa città tutti si fregano a vicenda. È il passatempo ufficiale. Se non freghi un merlo al giorno, non sei degno di viverci! O ancora peggio, non ci sopravvivi.”

La voce che ci racconta la storia è quella ‘dell’Avvocato’. Già l’Avvocato, perché il suo nome non è dato conoscerlo.
Lui non è il protagonista della storia, o almeno ci prova a non esserlo, perché alla fine la sua compartecipazione è essenziale.
Lui è l’avvocato di Gian Maria Strazzer, un omone grosso, di poche parole, dai modi abbastanza rudi, non propriamente uno stinco di santo, custode dei beni del notissimo e non proprio onestissimo Tony Ebola; è affetto da una zoppia a una gamba procurata da un incidente sul lavoro non riconosciuto, ed è proprio per questo che è suo cliente.
Strazzer lo conosceremo alle prese con la giustizia; e non poteva essere altrimenti vista la sua propensione a mettersi nei guai. Fermato dai carabinieri, che di lui non sanno che farsene; non sanno se indagarlo per tentato omicidio o se dargli una medaglia per aver sgominato una banda di zingari.
Nella confusione della caserma dei carabinieri Strazzer incontrerà per puro caso Leda Sabrini, show girl famosissima, alle prese con una denuncia per stalking.
I due usciti dalla caserma, invece di tornare sulla retta via, ruberanno (cioè ruberà Strazzer), un vecchio Ciao tenuto sotto sequestro, e andranno in giro nella notte milanese.
Diciamo che questo sarà l’elemento cardine di tutta la storia che ne seguirà.

Una storia noir, che ci porterà a conoscere la città di Milano, melting pot di vite, di ambizioni, di affari legali o illegali, uniti a stretto giro con la politica, sotto le guglie del Duomo.
Al protagonista si aggiungono altri personaggi un po’ sopra le righe: ricconi, un colonnello in pensione, vamp, politicanti, criminali, vescovi, e finti avvocati, naziskin stupidi, una portiera impicciona, insomma, chi più ne ha più ne metta.
L’autore ritrae la città con una vena umoristica e scanzonata, come lo è il suo stesso protagonista, Gian Maria Strazzer, che porta il lettore più e più volte a sorridere della sua ironia spiccia ma, a tratti, anche amara.
In clima di elezioni politiche il ‘nostro’ avvocato, si troverà a dover difendere Strazzer in una cosa complicatissima, un ricatto che potrebbe far saltare l’elezione del candidato sindaco. E per lui è un grosso problema, perché lo studio dove lavora, lo rappresenta.
Torneremo indietro nel tempo e ci sembrerà di rivivere la questione “Mani Pulite” in chiave romanzata, con tutte le connivenze scoperte in quegli anni.

In ogni caso, oltre a essere un libro alquanto scanzonato, è anche un buon giallo e non mancherà il colpo di scena finale, degno della tradizione del miglior mistery.
Lo consiglio moltissimo, vi strapperà qualche risata, che non fa mai male, e leggerete comunque un buonissimo libro con una trama noir ben congegnata e con dei personaggi che farete comunque fatica a dimenticare, perché a Gian Maria Strazzer ci si affeziona veramente.

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - Vita fra i giganti di Bill Roorbach

A diciassette anni David “Lizard” Hochmeyer è alto quasi due metri. È il quarterback della scuola, ed è richiesto dalle maggiori università degli Stati Uniti, tra le quali Princeton. Ha una sorella più grande, Kate, anche lei sportiva, una promessa del tennis dell’Università di Yale. Il loro sembra un mondo ordinato, fatto di successi, bei vestiti, serietà nello studio e nello sport, buone azioni e sorrisi solari.
Ma il mondo al di fuori, quello che conducono i “grandi” non è proprio così patinato come sembra e i due fratelli lo capiranno, forse, nella maniera più tragica in assoluto.
Intorno a loro girano personaggi carismatici e non, tra cui una ballerina di fama mondiale Sylphide, sposata con un rocker di successo Dabney Stryker-Stewart, e altri di dubbia moralità.

In un giorno quasi normale, dopo un pranzo in un ristorante, i genitori di David e Kate vengono uccisi e i due ragazzi sono soli, alla deriva.
Nonostante tutto, tra molti bassi e qualche alto i due riescono ad avere una certa carriera nello sport: David come quarterback di riserva nella NFL nei Miami Dolphin, sempre desiderato dalle donne più belle, ma legato con un rapporto ambiguo e quasi malsano con Sylphide, e sua sorella Kate nel circuito professionistico di tennis, seguendo il percorso di sua madre. Però la vita dei due, costellata da svariate conoscenze e frequentazioni, si scopre essere piena di segreti mai confessati.

I segreti dei loro genitori, una madre ex campionessa di tennis dedita ai Martini, il padre arrestato da un giorno all’altro dall’FBI per oscuri motivi, così come quelli di Kate, eccentrica, folle, bellissima e bipolare, innamorata di un professore con il doppio dei suoi anni. E quelli della stessa Sylphide, ballerina classica convivente con Dabney Stryker-Stewart, una famosissima rock star degli anni Settanta, morto in circostante drammatiche. Tutti e due vivono una vita fatta di perdite, e senza le coordinate giuste scelgono ciò che gli propone al momento la casualità degli eventi.

I segreti, come abbiamo detto, sono veramente tanti, perché sono quelli che ogni personaggio che è presente nella storia porta con sé e che fanno vivere il racconto strutturato in piani diversi ma convergenti.
Le vite di Kate e David sono legate irrimediabilmente con i disastri del marito rockstar della ballerina, in modi intimi e sorprendenti. Anche nei decenni successivi, Kate e David, cercheranno in ogni modo di scoprire i motivi dietro la morte dei loro genitori, tornando più volte a parlare dei suoi loschi affari, delle finanze instabili, e della ballerina che si è insinuata in qualche modo nelle vite di entrambi.

A David “Lizard” Hochmeyer, giocatore di football e poi ristoratore di successo, non basta una vita per mettere insieme i pezzi di un puzzle complicato e duro da digerire.
Roorbach ci porta in un’America un po’ sconosciuta ai più. Un paese di provincia, Westport, vicino alla grande città. Un’America ferita dalla morte di Kennedy e dalla guerra del Vietnam, ma anche un’America fatta di persone losche e malfamate, di giri di soldi sporchi, di mafia e omicidi, di vendette efferate, di persone famose legate a doppio filo con loschi individui, ma ce le fa vedere con gli occhi di un ragazzo diciassettenne prima e con quelli di un uomo che, forse, non vuole vedere quello che lo circonda.
David è un personaggio particolare. Nonostante la sua altezza, la sua mole possa incutere terrore, è un uomo molto buono e molto onesto. È uno che lascia andare piuttosto che creare caos. Soffre molto la morte dei suoi genitori, nonostante ne parli poco con chi lo frequenti, soffre per un amore che potrebbe essere solo sbagliato, quello con Sylphide, ma è l’unico che riesce a durare nel tempo. Soffre la malattia di sua sorella Kate, e ne fugge prima, per pentirsene dopo.
È la sua vita quella che racconta Roorbach in questo romanzo, anche se il gigante del titolo non è lui.

Silvia Marcaurelio

lunedì 21 ottobre 2024

RECENSIONE - Il misterioso caso degli Angeli di Alperton di Janice Hallett


 Torna con una nuova pubblicazione Janice Hallett che tanto successo aveva avuto con il suo prima libro “L’assassino è tra le righe”, che aveva “testato” un nuovo tipo di stile romanzesco fatto tutto di sms, e-mail e messaggini WhatsApp, e che aveva avuto un buonissimo riscontro.

Anche con questo nuovo titolo, Il misterioso caso degli angeli di Alperton, la Hallett ci ripropone il suo stile di scrittura come nel primo romanzo. E anche questa volta non sbaglia nulla.
Il libro si presenta così:

«Hai una chiave che apre una cassetta di sicurezza. Dentro c’è un plico di documenti. Devi leggerli e prendere una decisione. Riporli nella cassetta e buttare la chiave dove nessuno possa trovarla. Oppure rivolgerti alla polizia».

All’inizio, sinceramente, nemmeno capiamo il motivo del messaggio… Lo capiremo poi!
La storia si basa su un vecchissimo caso conosciuto come Il misterioso degli Angeli di Alperton. Amanda Bailey è una scrittrice di libri true crime. Libri che trattano i casi criminali più eclatanti, lei li riporta alla luce, indaga e qualche volta scopre cose che magari a qualcuno erano sfuggite. Poi sta al pubblico decidere se quello che la scrittrice dice sia vero o meno.
Una nuova casa editrice, la Kronos, le propone di scrivere un libro proprio sul mistero degli angeli di Alperton, una setta religiosa con dei seguaci manipolati ad arte da un carismatico leader, che tentarono di uccidere il loro bambino perché lo credevano l’Anticristo.

Sono ormai passati diciotto anni da allora, e quel bambino è diventato maggiorenne. Quello che deve fare Amanda per avere lo scoop perfetto, è trovare il bambino, e fargli un’intervista. Ma la cosa non è così semplice.
Una casa editrice rivale, ma soprattutto un uomo con cui Amanda ha avuto a che fare nel suo passato e con cui non ha un buon rapporto, Oliver Menzies, hanno avuto la stessa idea, lavorare sul caso degli Angeli di Alperton.
Amanda si ritroverà a indagare in mezzo a tantissimi segreti e tantissime bugie, manipolazioni fatte ad arte, personaggi loschi, che hanno coperto la verità per moltissimo tempo, e da cui dovrà cercare di districarsi per arrivare all’agognata verità. Dovrà fare molta attenzione, perché le ultime persone che hanno tentato di fare luce sull’argomento sono improvvisamente morte, in qualche modo …

I personaggi del romanzo sono molti e complessi.
Li conosciamo soltanto attraverso le conversazioni registrate e trascritte dalla collaboratrice di Amanda, Ellie Cooper (un personaggio che avrà un perché), e le varie e-mail, e sms che si invieranno nel corso della storia. Con la lettura dei vari messaggi il lettore potrà seguire le vicende e il loro sviluppo, e i vari personaggi, ognuno il proprio punto di vista.
In effetti, con l’utilizzo dei messaggi e delle chat come architettura narrativa si perde quello che è il protagonista principale. Tutti hanno un perché, una propria “voce” e rendono la trama più ampia e coinvolgente.
Mano a mano che i piccoli pezzi del puzzle ci vengono rivelati, la trama diventa sempre più incalzante, qualche volta si sorride anche, ma è la voglia di conoscere finalmente la verità a rendere impazienti ad ogni pagina che si sfoglia.

Il finale è sorprendente e soprattutto inaspettato. È un romanzo che porta il lettore a riflettere su temi come la manipolazione mentale e il fanatismo religioso.
Il misterioso caso degli Angeli di Alperton è un romanzo intelligente e ben congegnato. Ha un tipo di scrittura particolare che forse all’inizio può lasciare interdetti, ma è strutturato benissimo ed è tutto veramente calcolato fin nel minimo dettaglio, ogni messaggio, ogni e-mail, ogni messaggio WhatsApp, ogni trascrizione, servono per conoscere a fondo la storia e ad arrivare all’epilogo.
Se vi piacciono i crime ben congegnati e con una bella trama, questo è il libro che fa per voi. Consigliatissimo. Buona la seconda, Hallett!

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - Vita fra i giganti di Bill Roorbach


A diciassette anni David “Lizard” Hochmeyer è alto quasi due metri. È il
quarterback della scuola, ed è richiesto dalle maggiori università degli Stati Uniti, tra le quali Princeton. Ha una sorella più grande, Kate, anche lei sportiva, una promessa del tennis dell’Università di Yale. Il loro sembra un mondo ordinato, fatto di successi, bei vestiti, serietà nello studio e nello sport, buone azioni e sorrisi solari.

Ma il mondo al di fuori, quello che conducono i “grandi” non è proprio così patinato come sembra e i due fratelli lo capiranno, forse, nella maniera più tragica in assoluto.
Intorno a loro girano personaggi carismatici e non, tra cui una ballerina di fama mondiale Sylphide, sposata con un rocker di successo Dabney Stryker-Stewart, e altri di dubbia moralità.

In un giorno quasi normale, dopo un pranzo in un ristorante, i genitori di David e Kate vengono uccisi e i due ragazzi sono soli, alla deriva.
Nonostante tutto, tra molti bassi e qualche alto i due riescono ad avere una certa carriera nello sport: David come quarterback di riserva nella NFL nei Miami Dolphin, sempre desiderato dalle donne più belle, ma legato con un rapporto ambiguo e quasi malsano con Sylphide, e sua sorella Kate nel circuito professionistico di tennis, seguendo il percorso di sua madre. Però la vita dei due, costellata da svariate conoscenze e frequentazioni, si scopre essere piena di segreti mai confessati.

I segreti dei loro genitori, una madre ex campionessa di tennis dedita ai Martini, il padre arrestato da un giorno all’altro dall’FBI per oscuri motivi, così come quelli di Kate, eccentrica, folle, bellissima e bipolare, innamorata di un professore con il doppio dei suoi anni. E quelli della stessa Sylphide, ballerina classica convivente con Dabney Stryker-Stewart, una famosissima rock star degli anni Settanta, morto in circostante drammatiche. Tutti e due vivono una vita fatta di perdite, e senza le coordinate giuste scelgono ciò che gli propone al momento la casualità degli eventi.

I segreti, come abbiamo detto, sono veramente tanti, perché sono quelli che ogni personaggio che è presente nella storia porta con sé e che fanno vivere il racconto strutturato in piani diversi ma convergenti.
Le vite di Kate e David sono legate irrimediabilmente con i disastri del marito rockstar della ballerina, in modi intimi e sorprendenti. Anche nei decenni successivi, Kate e David, cercheranno in ogni modo di scoprire i motivi dietro la morte dei loro genitori, tornando più volte a parlare dei suoi loschi affari, delle finanze instabili, e della ballerina che si è insinuata in qualche modo nelle vite di entrambi.

A David “Lizard” Hochmeyer, giocatore di football e poi ristoratore di successo, non basta una vita per mettere insieme i pezzi di un puzzle complicato e duro da digerire.
Roorbach ci porta in un’America un po’ sconosciuta ai più. Un paese di provincia, Westport, vicino alla grande città. Un’America ferita dalla morte di Kennedy e dalla guerra del Vietnam, ma anche un’America fatta di persone losche e malfamate, di giri di soldi sporchi, di mafia e omicidi, di vendette efferate, di persone famose legate a doppio filo con loschi individui, ma ce le fa vedere con gli occhi di un ragazzo diciassettenne prima e con quelli di un uomo che, forse, non vuole vedere quello che lo circonda.
David è un personaggio particolare. Nonostante la sua altezza, la sua mole possa incutere terrore, è un uomo molto buono e molto onesto. È uno che lascia andare piuttosto che creare caos. Soffre molto la morte dei suoi genitori, nonostante ne parli poco con chi lo frequenti, soffre per un amore che potrebbe essere solo sbagliato, quello con Sylphide, ma è l’unico che riesce a durare nel tempo. Soffre la malattia di sua sorella Kate, e ne fugge prima, per pentirsene dopo.
È la sua vita quella che racconta Roorbach in questo romanzo, anche se il gigante del titolo non è lui.

Silvia Marcaurelio

martedì 30 luglio 2024

RECENSIONE - Morte a Santa Rita di Elia Barceló

 

La prima cosa che mi ha attirato, molto, di questo libro è stata la sua copertina. Mi ha dato subito l’impressione di un senso di freschezza e leggerezza, che alle volte, ci vuole, anche in un libro giallo.
E la prima impressione che ho avuto non è stata mal riposta, perché leggendo questo libro, sono stata trasportata in un ambiente speciale, dove brulica una popolazione eterogenea di personaggi che ho ammirato; qualcuno meno e qualcuno più.
Ci possiamo tutti immaginare un posto pieno di fascino e segreti, tra palme e buganvillee, profumato con gli odori della primavera in arrivo e dalla vicinanza del mare, tra viti e olivi e paella cucinata all’aperto. Un’atmosfera calda e accogliente.

Riempi questo paradiso con delle persone speciali, di diversa età, chi giovane e studente, chi vecchio e pensionato, chi solo e bisognoso di affetto e mettili tutti insieme in una esotica casa affacciata sul Mediterraneo su cui bada, con affetto, una famosa scrittrice ormai novantenne, Sofia Walker. (Sophie, Sofia, Sophia. Lo troveremo scritto in tutte le salse). Insieme alla scrittrice famosa, c’è Candy, la sua segretaria e braccio destro; Robles, commissario di polizia in pensione; un gruppo di studenti universitari, tra cui spiccano Nel, Elisa e Nines; Miguel, insegnante di matematica cieco e sua moglie Merche, e tanti altri. A loro si è appena unita Greta, nipote e traduttrice di Sofía, nonché sua unica erede, arrivata dalla Germania in cerca di serenità dopo essersi separata da suo marito, dopo un matrimonio trentennale e due figlie ormai grandi. Hai tutto? Bene, benvenuti a Santa Rita o come lo chiamano i paesani di Benalfaro, (paesino vicino ad Alicante), La Casa’ las Locas.

Questo di Santa Rita è un universo pacifico e singolare, come tutti i suoi abitanti, ma l’arrivo di una vecchia fiamma di Sofia, il non proprio buon uomo José “Moncho” Riquelme, che ha in mente progetti non proprio all’insegna del quieto vivere per Santa Rita, non trasformerà la pacifica quotidianità con un delitto del quale tutti saranno sospettati.
Il racconto è ambientato nel 2017, sulla costa di Alicante, un’oasi nata prima come centro termale, trasformato poi in un sanatorio per malate mentali e poi nella casa della famosa scrittrice di fama internazionale che firma i suoi libri con due pseudonimi diversi, uno per i romanzi polizieschi e l’altro per il genere rosa con un tocco di erotismo. Una donna che ha vissuto la sua vita molto intensamente e che ora la condivide con un gruppo eterogeneo di persone, tutte con una storia passata alle loro spalle.

Con una narrativa cadenzata dal ritmo del vento primaverile, molto piano o molto forte a seconda dei giorni, l’autrice ci introduce nella vita di ciascuno dei personaggi coinvolti nella storia, svelando man mano i pezzi di un puzzle molto complesso, il tutto narrato in terza persona, creando un universo unico, a tratti accattivante, di una piccola comunità multigenerazionale, tutti impegnati e collaborativi per il bene comune di Santa Rita.
L’autrice nelle pagine dei ringraziamenti ci svela che questo su Santa Rita e sui suoi personaggi sarà il primo di una serie di racconti, in cui in ognuno troverà posto la storia degli altri personaggi importanti di questo primo capitolo. Tutte le storie saranno, naturalmente, ambientate a Santa Rita e ci faranno scoprire altri segreti e ferite che ognuno di loro si ostina a nascondere.

Ci ritroveremo ancora a passeggiare tra le palme e le buganvillee, al tramonto in una tipica atmosfera del Mediterraneo, sotto un cielo tinto di rosso, viola e cremisi.
Morte a Santa Rita è un romanzo corale con toni di suspense, in cui il lettore è invitato a riflettere sulla colpa, sulla vecchiaia, sulla solitudine, sulla malattia e sulla morte, ma anche sulla vita condivisa in un caldo rifugio di persone accomunate da un bene comune.
Questo è solo il primo capitolo e ve lo consiglio e vi dico anche di leggerlo con molta calma…

Silvia Marcaurelio

lunedì 10 giugno 2024

RECENSIONE - L'amore non lo vede nessuno di Giovanni Grasso

Inizio col dire che questo romanzo non lo inserirei certamente nella categoria dei “gialli” o dei “noir”, perché secondo me non ha niente a che vedere con queste categorie. Poi il libro è molto bello e gradevolissimo da leggere, un pizzico di mistero c’è, e non guasta, ma la storia in sé è tutt’altro.
Siamo a Civello, un paesino a 30 km da Milano, è un’afosa giornata di giugno ed è anche il giorno del funerale di Federica, una giovanissima ragazza nata in paese, ma trasferitasi a Milano per seguire la sua carriera. È morta in un incidente stradale, come tanti giovani al giorno d’oggi, a causa della forte velocità, finendo contro un Tir.
Silvia è sua sorella, cioè era sua sorella. E ora che Federica non c’è più, la piange insieme al suo anziano padre, a suo marito e alle sue due bimbe.
Mentre legge il salmo che conclude la messa funebre, Silvia si dà un’occhiata intorno e vede lo strazio vero dei suoi familiari, e la voglia di fuggire degli amici e dei colleghi milanesi di Federica; tutti presenti per dovere e non per altro.

Tra tutti però spicca un uomo, molto elegante, più in là con gli anni degli altri presenti, uno sconosciuto che però sembra molto scosso e realmente commosso dalla dipartita di Federica. Giorni dopo, con il padre lo incontrerà di nuovo al cimitero con in mano un mazzo di peonie rosa, il fiore preferito di Federica, accompagnato da un biglietto con parole piene d’amore firmato P.
Silvia sa di non sapere molto della vita che conduceva sua sorella a Milano, non si parlavano molto e quando succedeva era più per litigare che altro, ma sa che il misterioso P. sa sicuramente molto più di lei.
Tra i due, quando si incontrano di nuovo sulla tomba della ragazza, si stabilisce un patto. L’uomo le regalerà un’ora del suo tempo ogni martedì, per raccontarle chi era veramente Federica e della sua storia con lei, purché non indaghi sulla sua identità, visto che è una persona in vista e conosciuta.

Da questo punto in poi avremo la storia nella storia, quella di P. che ci racconta la sua e quella di Federica, rivelando una storia scabrosa, a tratti inquietante e perturbante, ma anche di un amore travolgente e appassionato, e quella di Silvia, che ascolta e divora ogni cosa, impaziente di rivedere l’uomo al prossimo appuntamento.
Gli appuntamenti di Silvia con il misterioso P. diventano per lei una sorta di ossessione, che la scuotono dal tran tran della sua vita quotidiana, fatta di famiglia, figlie e poco altro.

Giovanni Grasso attraverso i racconti di P. crea due personaggi con due personalità completamente diverse tra loro. L’uomo tutto d’un pezzo, molto raffinato, di mondo, con una grande cultura, elevato senso del dovere, molto devoto. La ragazza molto disinibita, esigente, manipolatrice, contorta. Le loro storie, nonostante la grande differenza di vedute, si incontreranno e fonderanno in un’unione decisamente morbosa e turbolenta.
Quello scritto da Grasso è un romanzo molto affascinante, che sembra una storia facile facile, ma non lo è per niente anche se scritta in maniera decisamente scorrevole e leggibile. Tratta argomenti tutt’altro che superficiali, come la personalità narcisistica, la passione ossessiva, l’amore assoluto, e temi religiosi, sociali ed etici quali la trasgressione delle regole, la tentazione, la ricerca della verità, aiutato con delle citazioni ad hoc di autori come S. Agostino, Epicuro, Dante e altri, come già nel titolo stesso del romanzo, L’amore non lo vede nessuno, frase presa da uno scritto di S. Agostino.

Consiglio veramente di leggerlo, a tutti, anche se, come già detto all’inizio, di giallo ha veramente poco, se non il mistero della vita dei personaggi, che si scoprirà mano a mano nel corso della lettura e l’identità di P. che leggendo si riuscirà a capire da sé.

Silvia Marcaurelio

 

venerdì 24 maggio 2024

RECENSIONE - Ti ricordi Mattie Lantry di William Wall

Lo scrittore Jim Winter si ritrova recluso assieme a sua moglie Catherine, professoressa di filosofia, nella loro casa di Dublino. Sono nel pieno del lockdown da Covid19, i vaccini non ci sono ancora, e le persone muoiono per questa nuova pandemia mondiale.
I due non fanno che leggere testi sulle pandemie precedenti, come i libri di Defoe e Pepys, confrontando i provvedimenti presi allora, secoli addietro.
Annoiato da tutto questo decide di offrire un corso di scrittura online a cinque aspiranti scrittori, tutto in modo anonimo.
Tra tutte le storie che legge spicca quella di Deirdre, che racconta la tragica fine di un ragazzo alienato da tutti i ragazzi del paese e ritrovato privo di vita in un cimitero a soli diciassette anni.

Appena legge il primo capitolo, Jim Winter si rende conto che quella è una storia che lui conosce, ma potrebbe non essere il solo, quindi quando Deirdre continua a inviare capitolo dopo capitolo, gli appare però sempre più evidente che la storia che lei racconta è quella del suo passato adolescenziale.
Chi è questa Deirdre? Come fa a sapere le cose successe in quel periodo? Ma sa davvero tutto? E in che modo Jim Winter, famoso scrittore è coinvolto in tutto questo?
Per scoprirlo l’autore deve tornare nei luoghi della sua adolescenza, a Rally un paesino di pescatori sulla costa irlandese, sferzato dal vento e dalle maree e incontrare le sue vecchie conoscenze che sono ancora lì.

William Wall crea un romanzo molto affascinante, una storia nella storia. Ci fa conoscere da una parte il personaggio di Mattie Lantry, il vero protagonista anche se sta sullo sfondo, se viene raccontato da altri. E dall’altra parte la storia di Jim Winter, lo scrittore famoso che ha una storia tutta sua, ma che in alcuni punti coincide con quella che viene raccontata su Mattie.
Il periodo adolescenziale di Jim Winter e di Mattie Lantry scorre su linee parallele. Vivono in due mondi completamente diversi, di buona famiglia il primo, orfano il secondo. Ma Jim ricorda quel periodo con molta angoscia e comincia a farsi delle strane domande. Chi è Deirdre? Come fa a sapere tutti i dettagli sulla storia di Mattie?
Molto bravo Wall a psicanalizzare il personaggio dello scrittore confuso, sia dal periodo del covid, che ha paralizzato il mondo e forse anche le menti, sia dal venire a galla di una storia che lui ha relegato in un angolo morto della sua mente, sia la creazione di due personaggi particolarmente azzeccati come quello della scrittrice fantasma Deirdre e quello di Mattie Lantry il ragazzo scanzonato, con la testa tra le nuvole, ma buono e generoso e di cui non si può fare a meno di affezionarsi.

La narrazione di Wall è molto ben congegnata perché scorrevole e profonda al tempo stesso, e infarcita di riferimenti e citazioni di autori passati.
Bella anche la composizione dei dialoghi tra lo scrittore e i partecipanti al corso di scrittura. La forma di comunicazione anonima che avviene tra loro. Le e-mail che sembrerebbero “fredde” come il periodo in cui è ambientato il libro. Ma l’armonia funziona bene.
Di questo romanzo funziona tutto alla perfezione, anche se non è un giallo vero e proprio, l’indagine più che essere un’indagine, è un’introspezione dell’autore. Non esiste un poliziotto, ma qualcuno che vuole far luce sulla morte di Mattie Lantry anche a costo di scoperchiare il vaso di Pandora, mettendo in luce la vera natura umana, la fragilità e la debolezza dell’uomo, la facilità con cui poche parole fanno riemergere i demoni passati e quello che siamo veramente e il modo di affrontare un passato scomodo, velocemente rimosso.
Gli altri personaggi, sono delineati con poche e brevi descrizioni, ma rendono in pieno l’idea delle loro figure e le rendono credibili.
E poi, i paesaggi a far da sfondo alla storia, straordinari da essere vivi, ed essendo stata da poco in Irlanda, mi ci sono ritrovata dentro.
Consigliato a chi ama la psicologia più del giallo in sé.

Silvia Marcaurelio

 

martedì 7 maggio 2024

RECENSIONE - Grado in fiamme. La commissaria Degrassi torna in servizio di Andrea Nagele


Maddalena Degrassi non è più lei da quando Franjo è morto. È in un lutto perenne (se fosse per lei). Non sa quanto tempo le occorrerà per superare la perdita del suo amato che è sempre presente nei suoi pensieri. È addolorata da un anno e mezzo, completamente sprofondata nel suo dolore.
Pensava di sposarlo Franjo, e per lei, quella di sposarsi era stata una decisione importante. Non che non volesse farlo, ma voleva trovare la persona giusta, non come sua madre che pensava soltanto ad avere una posizione sociale. Lei voleva Franjo perché sapeva che era adatto a lei, che era la sua persona perfetta.
Tutto glielo ricorda, i profumi delle erbe, la cucina, il vino di cui ora fa spesso uso per stordirsi.
Come si può riuscire a superare il dolore di una perdita simile, come si può andare avanti quando il passato e il pensiero di quello che avrebbe potuto essere ti dilania l’anima?
Ma Maddalena deve trovare un appiglio, e sarà il suo “patrigno” a dargli l’ancora della salvezza, anche se forse lei non se ne accorge.
Grado ha bisogno di lei. Della commissaria Degrassi. Di quella commissaria di cui tutti parlano bene, perché riesce a risolvere ogni cosa.
E le cose a Grado cominciano a farsi brutte. Le strade sono invase da decine di incendi e la gente ha paura.

All’inizio sembrano cose da poco, ragazzate. Ma quando su una barca ci scappa il morto le cose cominciano ad essere prese sul serio e si pensa a un piromane.
Un piromane che gode delle conseguenze di quello che fa, che vede fin quasi alla fine, bruciare ciò a cui ha dato fuoco.
La gente pensa di non essere al sicuro. E se oggi toccasse a me? Alla mia famiglia? Alla mia casa? Alla mia macchina? Alla mia barca?
I vigili del fuoco lavorano a spron battuto giorno e notte senza risparmiarsi, mentre i poliziotti cercano il colpevole.
Riusciranno a trovare il colpevole, prima che tutta Grado venga avvolta dalle fiamme?

La storia che leggeremo inizierà con il colpevole, il piromane, che ci parla. Sarà lui in prima persona a presentarci il nuovo capitolo della storia della Commissaria Degrassi.
Il libro è suddiviso su due piani di pensiero narrativo, come d’altronde è già successo nei capitoli precedenti e dove si scontreranno due punti di vista diametralmente opposti. Il Male e il Bene.
La Nagele è molto brava a narrare le vicende della commissaria Degrassi e in questo capitolo ci è piaciuta molto l’introspezione della stessa commissaria, in un lutto che la fa quasi crollare. Dove leggiamo i sentimenti veri per Franjo, la paura della gente per gli incendi, i pensieri oscuri del piromane. Ci fa sentire partecipi e ci emoziona, tanto da farci sentire quasi parte della storia.

Lo stile è come sempre coinvolgente e scorrevole. La narrazione è suddivisa tra i vari protagonisti della storia, ognuno con il suo punto di vista.
Oltre alla città di Grado che fa da sempre sfondo alle storie della commissaria Degrassi, il nuovo protagonista di questo libro è l’introspezione dei sentimenti derivanti dalla perdita di una persona cara, che può essere un fidanzato, un padre, e il modo diverso di vivere la vicenda. C’è chi ha la forza di rialzarsi e chi si distrugge ed entra in un buco nero da dove non ne uscirà più.
Molto bello veramente. Mi è piaciuta tanto l’introspezione dei personaggi che debbono superare la perdita di una persona cara. Le varie elaborazioni del lutto vissute in maniera completamente diversa. È un libro molto “psicologico”, ma allo stesso tempo ci mostra che nonostante tutto si può, se si vuole, riemergere dal fondo e ritornare alla vita.
Consigliato.

Silvia Marcaurelio

 

mercoledì 17 aprile 2024

RECENSIONE - The Screen. Impresso nei miei occhi di Alessandro Pasquinucci


Siamo nella soleggiata Firenze, anni nostri. Sara è una giovanissima studentessa universitaria che tenta di barcamenarsi come può, tra un lavoro e l’altro, per racimolare quel po’ di soldi per sopravvivere e continuare a studiare. Ma in effetti sta per crollare.

All’età di sedici anni se ne è andata via di casa per un motivo che preferisce tenere per sé. Aveva solo sua madre, ma l’aveva abbandonata nel momento del bisogno, e quindi Sara ha fatto le valigie e se n’è andata, rompendo completamente con il passato.
La sua migliore amica Bea, che conosce da quando si sono ritrovate insieme sperdute nei corridoi dell’università, le parla di un possibile lavoro come moderatrice in una nuova società digitale, tanto per aumentare le entrate da cameriera che non le bastano più.
Così Sara fa la conoscenza di The Screen, dove ogni giorno dovrà visionare migliaia di video prima che questi vengano pubblicati sui social network. Dare parere negativo o positivo, rispettando comunque una serie di regole imposte dall’azienda stessa.

La ragazza si ritrova invischiata nel posto in cui l’umanità dà il peggio di sé: il mondo dei social network. Ogni giorno si trova a visionare migliaia di video dove assiste, impotente, a violenze verbali, fisiche, umiliazioni, autolesionismo, di fronte ai quali però deve rimanere impassibile e dare solo la sua approvazione alla pubblicazione o meno.
Un giorno però si imbatte in un video che le fa rivivere un suo trauma del passato, ma che finisce ancor peggio di come era andata a lei.
Quel video le rimarrà talmente impresso negli occhi e nella mente, che quando guarderà la notizia al telegiornale del suicidio di una sedicenne, Alba, Sara la riconoscerà nella ragazza del filmato.

Da qui inizierà una serie di indagini tra Bea che la consiglia, il fratello di Alba, Giacomo, che la spinge ad aiutarlo, lo psicologo Cipriani, messo a disposizione da The Screen, che tenta di aiutarla e l’ispettore Lari, che ha indagato sulla scomparsa e morte di Alba definendola un suicidio.
Tutti i personaggi oscillano tra luci e ombre, ognuno ha una parte che sembra divisa in due. Sono tutti molto ambigui. Tranne Tilly e leggendo il romanzo saprete perché …
Alessandro Pasquinucci con questo romanzo ci porta in quello che è considerato il mondo moderno, ma altro non è che la sua pattumiera, dove tutto è considerato possibile, ma niente è più falso. Dove i social network parlano alle nuove generazioni rendendole partecipi, inconsapevoli, di essere su una linea molto sottile tra il lecito e l’illecito, postando contenuti potenzialmente pericolosi.

Davvero molto bello questo romanzo, nato come lettura per ragazzi, infatti ne è consigliata la lettura dai tredici anni, secondo me è un romanzo per tutti, anzi dovrebbero leggerlo i genitori in primis. L’intrigo è ben strutturato, c’è tutto il mondo odierno, con le sue parole strane che agli occhi di una “boomer” come me risultano quasi sconosciute, ma che è proprio questo il suo merito, quello di far avvicinare noi “grandi” ai più piccoli e capirne le inflessioni e non solo, ci fa stare con gli occhi aperti su un mondo, che ha tanto da dare, ma che può fare anche molto, molto male.
Il ritmo è serrato, sembra di essere dentro una pellicola cinematografica. Il giallo è intenso e il colpo di scena finale è assicurato.
Leggetelo, ve lo consiglio caldamente.

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - Sepolcro in agguato. Cormoran Strike vol. 7 di Robert Galbraith


Siamo nel febbraio del 2016, Londra e l’intero Regno Unito sono in piena fibrillazione per le elezioni della “Brexit”, l’uscita del Regno dalla Comunità Europea.

Strike e Robin, con l’aiuto della loro squadra e della segretaria Pat, sono alle prese con i soliti casi di mariti e mogli fedifraghi e con un’attrice stalkerizzata.
Hanno una lista di clienti in attesa che chiedono il loro aiuto molto lunga, dopo i successi ottenuti in passato, ma due investigatori vengono contattati da Sir Colin Edensor, che ha un grave problema familiare da risolvere: il figlio di mezzo, Will affetto da autismo, è da molti anni in quella che lui considera una setta, la Universal Humanitarian Church, ma che, secondo la legge, è una religione legale a tutti gli effetti.

Sir Colin non ha più notizie di suo figlio da moltissimo tempo, e il denaro che quest’ultimo aveva su un fondo fiduciario è finito da tempo. Sir Colin vuole sapere se suo figlio è ancora vivo, se è possibile capire se è felice e non sia costretto a vivere all’interno della presunta chiesa in una fattoria, Chapman Farm, sperduta nel Norfolk.
L’indagine porterà Robin a entrare nella Chiesa sotto copertura a Chapman Farm, e la sua intelligenza e preparazione potrebbero non essere sufficienti a farla restare con la mente vigile e la psiche sotto controllo.
L’UHC è molto potente e fino a quel momento è sfuggita a ogni controllo anche se arriva da un passato sordido e con più di qualche morte sospetta alle spalle.

Ma il romanzo non è solo l’indagine intricata e pericolosa che i due investigatori dovranno affrontare, ma anche quella della propria introspezione. I due si troveranno separati a pensarsi in maniera diversa dall’amicizia che finora li ha tenuti uniti, sapendo sempre che c’era un “qualcosa” di più nella loro relazione. E se finora i due avevano tenuto a bada i sentimenti che provano l’uno per l’altra, la bolla che li teneva protetti sta per esplodere, o è già esplosa, tra amicizia profonda e gelosie sotterranee, creando un’atmosfera tesa.
La scrittura di Robert Galbrait come sempre è fantastica e talmente coinvolgente che si fa fatica a staccarsi dalle sue pagine. È ricca di mistero, offre dei personaggi caratterizzati molto bene, e l’intreccio della trama cattura il lettore coinvolgendolo in sfida avvincente e emotivamente difficile.

Il settimo romanzo di Galbraith si rivela essere uno dei migliori della serie, iniziata in sordina con Il richiamo del cuculo. Più si va avanti, più i casi diventano complessi e complicati, e più i libri sono scritti in maniera perfetta e coinvolgente. Hanno tutto. Trama, intrigo, colpi di scena, amori, gelosie, tradimenti, pericoli e la città di Londra a far da sfondo.
Quando finisci il romanzo sembra di rimanere orfani dei due protagonisti e si fa fatica a non pensare a loro e alla storia che verrà. Presto, si spera. Consigliatissimo!

Silvia Marcaurelio

lunedì 25 marzo 2024

RECENSIONE - L'OSPITE DEL MISTERO. UN NUOVO CASO PER MOLLY GRAY DI NITA PROSE

 

Tornano le avventure della cameriera investigatrice Molly Gray.
L’avevamo lasciata dopo la burrascosa avventura della volta precedente con la morte al Regency Grand del signor Black e con la detective Stark che pensava a lei come all’assassina. Ma con il suo acume, al di fuori del normale, Molly era riuscita a far capire alla detective che si stava sbagliando, e di grosso.
La giovane cameriera ama molto il suo lavoro, che svolge in maniera maniacale, ed è molto attenta ai dettagli, tanto da fungere da preziosa testimone di quello che succede attorno a lei, rischiando però di essere sospettata per la sua troppa sincerità.
La ritroviamo sempre al Regency Grand Hotel, quattro anni dopo, con indosso la tanto agognata targhetta della promozione. Ora è lei la governante e ha anche una tirocinante che la segue come un cagnolino, Lily, muta come un pesce.

In questo episodio tornerà ad affacciarsi il passato di Molly Gray.
Infatti l’autore di gialli di fama mondiale J.D. Grimthorpe terrà una conferenza stampa proprio nell’hotel dove Molly lavora. Nessuno sa che da bambina Molly ha lavorato presso la villa di Grimthorpe, e nessuno sa chi è veramente quell’uomo.
Durante la conferenza stampa J.D. Grimthorpe muore avvelenato dal tè preparato niente di meno che da una cameriera e la Stark, come al solito, ha in mente lei, Lily, come prima colpevole.
Ma Molly non ci sta, e aiutata dai fidi Angela la barista del Social e da Preston il portiere dell’hotel, riuscirà, con i suoi modi sconclusionati a mettere la Stark sulla giusta via.

Pure non essendo il “mio” tipo di giallo, il libro è scritto in maniera impeccabile. La Prose sembra una vecchia Agatha Christie. I personaggi sia i primari che i comprimari hanno tutti un ruolo ben preciso da svolgere, che girano intorno alla protagonista, la cameriera-governante, che seppur nel suo essere diversa, ha la facoltà di notare cose che altri non notano e le basta il tintinnio di un cucchiaino d’argento su una tazza di porcellana, per rimettere le cose nel verso giusto.
In questo secondo romanzo, verranno scoperte altre cose sulla vita passata di Molly, con il “fantasma” della nonna sempre presente a dirle cosa sia giusto o sbagliato.
Romanzo gradevole per gli appassionati del genere giallo soft, con qualche tocco di humor.

Silvia Marcaurelio


martedì 27 febbraio 2024

RECENSIONE - Notte di neve e sangue di Tríona Walsh

Per commemorare il decimo anniversario della scomparsa di Cillian Flaherty, un gruppo di amici di vecchia data, tra cui anche sua moglie Cara Folan, si riuniscono per la settimana che anticipa il Capodanno sull’isola più grande dell’arcipelago delle Aran, Inis Mór.
Gli amici, Daithí, Maura e Cara, continuano la loro vita sull’isola. Uno come proprietario del pub Derrane, Maura Conneely come insegnante elementare e Cara come unica “Garda” poliziotta del posto. Gli altri tre, che si sono uniti per la commemorazione sono Seamus, il fratello più piccolo di Cillian e Ferdia e Sorcha, marito e moglie, anche loro amici di vecchia data che vengono da Londra.
Seamus è al centro dell’attenzione di tutti, perché è uno scrittore e sceneggiatore di successo. Dopo la morte del fratello si è trasferito in California e ormai fa parte del mondo di Hollywood, tanto da aver portato sull’isola una troupe che girerà delle scene del film tratto dal suo diario.

Ma tutto si complica con l’arrivo sull’isola di una tormenta di neve, che blocca tutto e tutti, soprattutto quando Cara verrà avvisata che c’è un corpo che è fra le onde della Tana del Serpente e che il corpo è nientemeno che quello della sua migliore amica Maura Conneely.
L’autrice ci immerge nel paesaggio rurale dell’isola di Inis Mór, già isola con poco da offrire in estate figurarsi con una tempesta di neve. Niente telefoni, niente elettricità, niente comunicazioni col mondo esterno. Tutto ovattato dal manto di neve e dal vento che spira fortissimo. È in questa condizione che Cara si ritrova ad indagare in solitaria sulla morte della sua amica. Infatti chiunque abbia ucciso la sua amica, si trova ancora lì bloccato sull’isola come tutti loro.
Lo scatenarsi della tempesta, scandirà la scoperta di situazioni tenute segrete da anni. Di amori, tradimenti e vecchie ruggini.
Quando la tempesta darà loro tregua, sarà il momento in cui tutto ciò che era un segreto si rivelerà in tutta la sua cruda verità.

L’autrice è molto brava a unire la condizione climatica con il pathos del thrilling. È una componente fondamentale. Il buio, la neve, il vento complicano tutto quello che può essere la vita di tutti i giorni, figuriamoci su di un’isola senza collegamenti esterni e con un assassino che gira libero e potrebbe uccidere ancora. L’autrice non fa altro che creare ancora più suspense, per poi con il sereno, scoprire i veli dei segreti, come le nuvole nel cielo.
L’unica nota di biasimo che faccio all’autrice, essendo io stata in Irlanda diverse volte, e diverse volte anche a Inis Mór e a Dan Aengus, mi sembra un pochino inverosimile l’ultima scena, soprattutto con le condizioni climatiche che ci racconta durante tutto il libro, e che ho visto un po’ come la classica americanata da film.
Comune rimane un bel giallo da leggere tutto d’un fiato!

Silvia Marcaurelio

 

mercoledì 7 febbraio 2024

RECENSIONE - Le regole dello Shangai di Erri De Luca


Le regole dello Shangai ha per protagonisti una ragazza gitana in fuga da una famiglia che vuole imporle un matrimonio non desiderato con un uomo molto più anziano e un orologiaio che vive di tanto in tanto in campeggio in montagna, vicino al confine, forse croato, sloveno o austriaco.

Al riparo dal freddo e dal mondo, i due dialogano sugli uomini e sulla vita: la ragazza, che nella sua comunità di origine ha addestrato un orso e un corvo, crede nel destino e nei segni; l’anziano si sente un ingranaggio del mondo, che interpreta secondo le regole dello Shangai, come se giocare fosse un modo per mettere ordine.
L’orologiaio accoglie la ragazza e la protegge da oscuri personaggi che vagano per la montagna. Inizia così una strana amicizia, un’intesa che durerà a lungo, anche da lontano, e modificherà l’esistenza di entrambi.
Lui cerca una sistemazione definitiva per questa ragazza in cerca di sicurezza e di un futuro migliore, una possibile migrante come tanti di quelli che oggi seguono la rotta balcanica.
Ma il protagonista non è semplicemente un appassionato di montagna, è parte attiva di una rete di reclutatori di spie, con le sue regole ferree e le sue complesse dinamiche. Ma in questo caso tenta un'eccezione: sistemare questa ragazza senza strumentalizzarla o sfruttarla come possibile informatrice.
Quando la ragazza stessa scopre le trame di questo gioco, entra, quasi come per una sorta di restituzione dell'aiuto ricevuto, a far parte di questo ingranaggio occulto.
La comunicazione tra la ragazza, ormai diventata donna e adulta, e l’anziano orologiaio, che continua a passare, di tanto in tanto, settimane in tenda, nascosto sulle montagne, continua con lettere che chiariscono la complessa trama degli eventi.
Le regole dello Shangai è un romanzo breve ma denso, fondato inizialmente sul dialogo tra i protagonisti e, successivamente, sullo scambio epistolare. Nulla è scontato nella narrazione, che si tinge di giallo e ci fa rivivere un’atmosfera da guerra fredda.

Maria Lombardi

lunedì 5 febbraio 2024

RECENSIONE - Un ultimo istante di paura di Alex Finlay


 

Alex Finlay torna sulla scena in forma smagliante con il nuovo thriller Un ultimo istante di paura e in scena torna anche la detective dell’FBI Sarah Keller.

Dopo il successo de Il turno di notte Finlay ci delizia con una nuova e coinvolgente storia tutta da scoprire pagina dopo pagina.

La prima scena ci immette direttamente nel vivo della storia. Quasi tutta la famiglia Pine viene trovata morta, uccisa nel sonno, da quella che sembrerebbe una fuga di gas, nell’appartamento preso in affitto a Tulum, in Messico mentre erano in vacanza.

Quasi l’intera famiglia perché a sopravvivere sono i due fratelli più grandi che si trovavano in posti diversi: Danny, è in carcere a scontare la sua pena per l’omicidio della sua fidanzata Charlotte, e Matthew, alla New York University.

La storia dei Pine viene ricostruita in una sorta di alternanza di voci, capitolo dopo capitolo, ognuno ci parla di sé, raccontando la storia del “prima” della tragedia.

Evan Pine, il padre, è convinto che suo figlio Danny sia innocente, e che sia stato accusato ingiustamente e perde tempo, denaro e lavoro alla ricerca della verità.

Matt è il secondogenito che da tempo ha rotto con la sua famiglia, non va d’accordo con suo padre, un po’ per gelosia, un po’ perché lui pensa che suo fratello sia veramente colpevole; è convinto di averlo visto trasportare il corpo della fidanzata su una carriola la sera dell’omicidio.

Maggie è la sorella geniale, quella che aiuta il padre a indagare e a trovare nuovi appigli per cercare di far ottenere a Danny la grazia da quando era una bambina. È il fulcro della famiglia, è quella che crea il collante.

Olive, la madre, è disperata per quel figlio in prigione e per quello che non ha più rapporti con la famiglia. Cerca di sostenere suo marito Evan in tutto quello che fa, anche se la stanchezza la porta in bilico tra scelte passate e il presente che sta vivendo.

E poi c’è Danny, che di quella sera dell’omicidio della sua fidanzata non ricorda nulla, ma si è autoaccusato del delitto; non vuole vedere nessuno, ha tagliato i ponti con la famiglia, preferisce non vederli, perché sa di averli delusi tutti e perché non uscirà mai di prigione.

Sarah Keller dovrà cercare di dipanare la matassa di informazioni che ha in mano, da una parte per cercare di aiutare Matt Pine e dall’altra per far sì che la sua indagine sulla società Marconi LLP, per un presunto riciclaggio di denaro dei cartelli messicani della droga, non vada a incastrarsi in qualche situazione che le faccia perdere anni di lavoro. Sembrerebbe, infatti, che le due indagini possano essere correlate tra loro.

A dare forza, o ad inquinare le indagini, ci si mettono anche due registi, gli Adler, che all’epoca dell’omicidio di Charlotte, costruirono un documentario sull’innocenza di Danny e che vorrebbero continuare a guadagnare sulla storia, e girare un sequel di Una natura violenta.

Oltre agli Adler, ci sono anche altri personaggi comprimari che risultano molto importanti all’interno della storia e che fungono da legame tra la famiglia. Ci sono gli amici universitari di Matt, la banda dell’Isola dei Giocattoli Disadattati, che saranno di grande aiuto al protagonista a non sentirsi solo e abbandonato: Ganesh, Kala, Woo-Jin, Sofia e Curtis. Noah Brawn, vecchio fidanzato di Olivia, nuovo governatore del Nebraska, che ha appena sostituito il vecchio e corrotto governatore Turner.

Pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, Finlay ci porta a dipanare la matassa della storia, portandoci ora ad un colpevole, per poi scoprire, che non è così, ad un altro fino alla conclusione del caso.

I personaggi sono ben costruiti, ognuno ha la sua voce e anche la sua psicologia. A far da sfondo le grandi città come New York e Chicago o la provincia americana con tutta la sua spietatezza, dove gli sguardi e i chiacchiericci delle persone vengono a mano a mano ingigantiti e il disprezzo cresce, anche senza una ragione di fondo.

Il romanzo è avvincente e riesce a coinvolgerci fino alla fine con una trama ben congegnata e fitta di colpi di scena.

Consigliatissimo!

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - Berlino brucia. Un'indagine di Gereon Rath di Volker Kutscher

Volker Kutscher oltre ad essere stato un giornalista, è uno scrittore tedesco, molto molto bravo nel raccontare la storia della sua Germania nel periodo della Repubblica di Weimar. Infatti il suo protagonista, il commissario Gereon Rath, vive nella Berlino tra il 1929 e il 1934.
In Italia, dei primi tre libri, è stata trasmessa una serie tv famosa e di successo con il titolo tratto dal primo libro della saga, Babylon Berlin.
In effetti in quegli anni, Berlino doveva essere una vera e propria Babilonia. Reduci da una guerra che aveva succhiato sia linfa vitale che denaro, con la gente stufa di stringere la cinghia e con i nazionalisti che ringhiavano al mondo intero che di importante c’era solo la loro patria che doveva tornare a dominare il mondo.
La storia di questo quinto capitolo, inizia con Gereon alle prese con i festeggiamenti del famoso Carnevale di Colonia. Siamo nel 1933, alla vigilia di quelle votazioni di marzo che tutti pensavano fossero importanti per far fuori Hitler e i suoi nazionalisti, e lo sarebbero state, ma al contrario.

Suo padre lo vuole accanto a lui e alla sua politica che pubblicizza Konrad Adenauer, ma Gereon non si è mai interessato di politica e poi lui adesso abita a Berlino. Dopo una notte brava, viene bruscamente richiamato all’ordine. Deve rientrare, il Reichstag è stato incendiato e tutte le forze di polizia si devono mobilitare per la caccia agli attentatori. Per le SA di Göring è un complotto dei comunisti. Böhm all’inizio, però, lo trattiene alla sezione omicidi perché c’è un senzatetto, ex soldato, morto in circostanze strane, e lui e Gräf dovranno indagare su questa morte.
Sia Gereon che Charly, la sua fidanzata, e quasi moglie, vista la vicinanza del prossimo matrimonio, sentono che il loro lavoro sta cambiando. Le camicie brune sono dappertutto, e se prima erano la cosiddetta Polizia Ausiliaria, ora di ausiliario non hanno proprio niente e decidono anche i compiti che spetterebbero alla polizia prussiana.

Charly vede che non c’è più rispetto nemmeno per dei vecchi capi della polizia come Weiß o Böhm ed è cosciente, forse più di Gereon, che nelle forze di polizia ormai i nazisti si sono infiltrati nei posti di comando, come la sua commissaria capo, e che indietro non si potrà tornare tanto facilmente, ma soprattutto non si sa dove Hitler e il suo governo porteranno la Germania.
Gereon non le racconta nulla, ma anche lui ha dei grossi problemi. La polizia politica ha spostato praticamente tutti a interrogare gente presa per strada dalla polizia ausiliaria, con la scusa che siano dei complottisti comunisti, e che lui non può più indagare nemmeno su un vero omicidio. Anche se, come gli spiegano: “Era solo un senzatetto!”

I gialli di Kutscher sono veramente completi e coinvolgenti, uniscono al classico giallo una completa analisi storica di un periodo tremendo per la Germania.
Tutti i personaggi vengono raccontati in tutte le loro sfaccettature, soprattutto quando dialogano con sé stessi, nei propri pensieri. Hanno un dialogo di sottofondo che approfondisce il loro ritratto psicologico. Poi c’è Berlino, con tutte le sue descrizioni, protagonista lei stessa, dipinta da Kutscher come una città divisa in preda al caos politico e sociale, in uno dei periodi più bui della storia tedesca.
Il protagonista è alle prese con le tensioni politiche che ci sono all’interno delle forze di polizia e la sua lotta interiore per risolvere i crimini, quelli veri, e proteggere chi ama. Tutto è amplificato dalle sue emozioni contrastanti e dalle sfide personali che mette in campo per riuscire a essere in pace con sé stesso.

La trama è avvincente e piena di colpi di scena. Si sente la cupezza del periodo in ogni pagina che mantiene alta la tensione e la voglia di vedere cosa succederà alla fine.
Berlino brucia non è solo un libro giallo, è un libro che ci parla anche del lato politico, delle tensioni sociali di un’epoca di subbuglio storico. Kutscher si conferma un bravissimo scrittore nel combinare la storia, le indagini e una caratterizzazione riuscitissima dei protagonisti, che interagiscono anche con personaggi storici veramente esistiti, rendendo il tutto una storia coinvolgente e affascinante.

Silvia Marcaurelio


RECENSIONE - Morte sotto le macerie. Oppenheimer e la banda dei fazzoletti gialli di Harald Gilbers

 

Harald Gilbers torna a deliziarci il palato con il settimo libro della saga sul commissario Richard Oppenheimer. Siamo come sempre a Berlino, parte Ovest, quella dominata da americani, inglesi e francesi, nel 1949.
La crisi e la fame sono ovunque, la gente si arrabatta come può. Di lavoro ce n’è poco e molte persone che vivevano a Berlino Est, preferiscono passare ad Ovest, perché hanno capito che i sovietici stanno passando le consegne dei posti importanti a gente venuta direttamente da Mosca, e quello che rimarrà per i tedeschi saranno solo briciole.
Oppenheimer ha sempre questa sorta di oppressione che si porta sulle spalle. D’altronde lui è ebreo ma non ha subito la stessa sorte dei suoi amici, la deportazione gli è stata salvata dall’aver sposato una donna ariana in tutto e per tutto, e anche se è innamoratissimo di sua moglie Lisa, la cosa gli pesa eccome.

“Morte sotto le macerie” inizia con un uomo che scappa, scappa da una morte sicura che lo attende sotto le spoglie di giovani uomini che lo inseguono. Sembra essere arrivato in un porto sicuro, sembra che la sua astuzia lo abbia salvato, ma non è così.
Giorni dopo, in una discarica di macerie, quelle derivate dai bombardamenti alleati, viene ritrovato il suo corpo e quelli di altri due uomini come se fossero stati sepolti in una fossa comune. Il primo, era un informatore della polizia, un certo Hupke, oltre ad essere un ricettatore e un protettore.
Le indagini portano il commissario a inseguire una voce insistente. Una nuova banda di criminali, molto giovani, sta imperversando per le strade di Berlino, spaventando i vecchi boss. Sembrano divi di Hollywood, perché si presentano ben vestiti con completi eleganti, cappelli Fedora e il tocco distintivo di un fazzoletto giallo nel taschino, un po’ come i gangster di Chicago.

Per contrastare la minaccia di questi giovani crudeli, Oppenheimer si vede costretto a riunire una commissione speciale composta dai migliori investigatori della città.
Le indagini procedono comunque a rilento, molti informatori spariscono o preferiscono non parlare e i testimoni, rari, non sopravvivono a lungo per raccontare quello che hanno visto.
Il commissario Oppenheimer ha pochi mezzi, con cui combattere i criminali. E girare nel gelo con una bicicletta non aiuta.
Il gelo. È il simbolo dell’oppressione che in quel momento viveva la Berlino di quegli anni e Gilbers è bravissimo a raccontarcela. Si sente in tutto il racconto. Nell’uso dei cappotti in casa, nella scarsità di corrente elettrica, in una città post bellica in cui si fa fatica ad andare avanti tra miseria e disperazione.

In “Morte sotto le macerie” Gilbers ci dà, ancora una volta, la visione della Berlino post bellica, della vita dei protagonisti in quel contesto storico terribile del dopoguerra, allacciandole con la narrazione del thriller, che si interseca perfettamente in quello che sembra essere “il periodo perfetto”.
Ma Gilbers è bravo anche a presentarci un personaggio come Richard Oppenheimer, che nonostante tutto non ha perso la sua umanità e la sua voglia di giustizia.
Ben caratterizzati anche i compagni di avventura e sventura del commissario, tra cui Wenzel e Kubelik suoi colleghi, la moglie Lisa, il medico Hilde, il suo figlio adottivo Theo e tanti altri.

Bella la prosa usata dall’autore, e anche le tematiche introdotte con relativa facilità nella trama del thriller tanto da farne un tutt’uno. Sembra, che nel leggerlo si senta la sorta di oppressione che in quel momento imperversava sulla popolazione tedesca, ma soprattutto su Berlino Ovest, un puntino in mezzo a un mare di occupazione sovietica, con l’unica parvenza di sopravvivenza dovuta ai ponti aerei con la Germania dell’Ovest, molto vicina eppure molto lontana.

Silvia Marcaurelio