sabato 28 settembre 2013

RECENSIONE - SO CONTARE I GIORNI. Prove di vita fuori e dentro il carcere di Giuseppe Daddiego

Giuseppe è un ragazzo come tanti altri. Ma forse è nato nella parte sbagliata del mondo.
Siamo a Bari Vecchia, centro nevralgico della povertà e della micro e macro criminalità della città pugliese.
Giuseppe ci racconta della sua famiglia disagiata, sempre con pochi soldi, con un padre che entra ed esce di galera con sua madre che fa la bidella e che deve pensare a loro figli e a portare avanti la carretta.
Come fai in una famiglia così a nascere e crescere in maniera diversa? Non puoi. Soprattutto perché se nel quartiere San Paolo sei timido vieni schiacciato.
Quindi Giuseppe comincia già in tenera età, quando forse si dovrebbe pensare solo a giocare, a frequentare altri come lui, che lui chiama amici, ma che delle volte vedono bene di voltargli le spalle.
Comincia con piccoli scippi, piccole rapine, furti di motorini e macchine, contrabbando di sigarette e quant'altro di scalata in scalata, con qualche scappellotto del padre che non vuole certo che il figlio faccia la sua stessa vita.
Ma quella vita per Giuseppe è un po' come una droga, come quella che imparerà a usare, e nonostante le varie promesse che farà nell'arco degli anni al padre, alla madre e infine alla sua amata Lucia, tornerà sempre lì, sempre in strada, sempre a sfidare se stesso e la vita commettendo reati sempre più gravi.
Verrà arrestato anche senza aver commesso dei reati, solo perché qualche pentito ha fatto il suo nome e sarà costretto a passare degli anni di prigione anche per questo.
Comincerà, quindi, a girare le carceri di tutta Italia, da quelle minorili fino addirittura a rischiare il 41-bis, la carcerazione più dura prevista per mafiosi e terroristi.
Uno spaccato della vita carceraria, dove ognuno è solidale, ma non si può sgarrare.
L'ora d'aria, la noia che ti mangia e ti fa sentire una tigre in gabbia, gli spazi ristretti e la poca intimità per il sovraffollamento. Qui, nonostante tutto, Giuseppe inizia il suo percorso di redenzione. Tra un arresto e l'altro riesce finalmente a prendere il diploma di terza media, comincia a scrivere qualche poesia e a leggere la Bibbia. Lucia sarà la sua ancora, quella a cui aggrapparsi per cercare di rigare diritto.
Il carcere delle volte sembra per lui come una casa, tant'è che spesso vi si ritrova insieme al fratello Francesco e al padre.
Sopporta e soffre Giuseppe, pensa che è la vita che ha scelto lui e non il contrario, ma sa anche che la colpa è sua e non si tira indietro.
Scritto bene questo libro autobiografico di Giuseppe Daddiego.
Ci catapulta sicuramente in una realtà di cui si parla poco. La vita carceraria e soprattutto se questa possa portare una persona a redimersi o meno.
Ne sentiamo spesso parlare nelle cronache dei TG, ma leggerne le parole di chi quella vita l'ha vissuta davvero è un'altra cosa.
Chissà che Daddiego trovi la sua redenzione proprio nello scrivere. Almeno lo spero!
Voto: 7

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