martedì 14 gennaio 2014

RECENSIONE - PHILOMENA DI MARTIN SIXSMITH

Come un titolo può travisare il contenuto di un libro…
Il titolo del libro ricalca, naturalmente, il film appena uscito, da me non visto. Il film tratta la storia di Philomena Lee e di tutto quello che ha fatto per ritrovare suo figlio Anthony, partorito all’interno del Convento di Roscrea, in Irlanda, in un periodo, gli anni 50, dove rimanere incinta senza essere sposata era un peccato mortale. Ma il libro, non c’entra assolutamente niente con il titolo italiano. Molto più vicino al titolo originale “The lost child of Philomena Lee” “Il bambino perduto di Philomena Lee”. Infatti il libro è la storia di Anthony Lee alias Michael A. Hess. Della sua vita, della sua crescita, della sua morte, con sempre il pensiero di non essere figlio del mondo in cui è vissuto, senza radici, senza quella madre di cui ha sempre sentito la presenza e l’assenza incombente su di lui.  Il romanzo inizia con Jane, figlia di Philomena Lee che incontra il giornalista Martin Sixsmith, appena rimasto senza lavoro, e gli propone di aiutare la madre a ritrovare il figlio perduto cinquant’anni prima.
Il romanzo si divide in più parti. La prima parte tratterà la vita di Philomena nel convento di Roscrea, poi la parte più cospicua e romanzata riguarderà la vita di Anthony/Michael e la terza parte tratterà l’epilogo della storia.
Philomena Lee entrò nel convento di Roscrea all’età di diciassette anni. Incinta e non  sposata. In Irlanda, retta ancora dalla legge della Chiesa cattolica romana, era un peccato mortale, e doveva essere redenta. La sua famiglia non poteva fare altro che mandarla in convento per lavarla dall’immondo peccato e tenere l’onore della stessa pulito. Entrando a Roscrea le donne perdevano tutti i loro diritti. Venivano addirittura private del loro vero nome e soprattutto dei loro figli.  Partorivano sorvegliate dalle suore, senza nessuna assistenza medica, e se sopravvivevano potevano vedere i loro figli un’ora al giorno, fino a quando non venivano adottati da facoltose famiglie cattoliche. Si scoprirà nel tempo, un giro di adozioni illecite, tra l’Irlanda e gli Stati Uniti. Tutti nei dintorni del convento sapevano che i bambini venivano venduti a coppie americane per 1.000 sterline e che i registri vennero bruciati per non lasciarne traccia, ad eccezione dei documenti in cui le madri naturali firmavano dando i loro figli alla chiesa con l’impegno di non cercarli né provare a mettersi in contatto con loro una volta uscite dal convento.
La seconda parte inizia direttamente con Michael e Mary catapultati in una nuova famiglia dove tutto è strano e rumoroso, dove niente è come vorrebbero, dove tutti gli prestano delle strane attenzioni. Una famiglia che non amerà mai a sufficienza, con cui non avrà mai il contatto filiale che avrebbe voluto, tranne che con Mary, adottata come lui e un po’ con la sua madre adottiva Marge. Si troverà spesso in contrasto con Doc, suo padre adottivo, per le sue idee omofobiche,  razziste e da padre padrone.
Michael  avrà una vita piena, vissuta tra alti e bassi, sempre con la sensazione della mancanza di qualcosa, imputabile alle sue radici lontane e all’affetto che nonostante tutto lui prova per la sua vera madre che non ha mai dimenticato. Tenterà più volte di scoprire se la madre lo avesse davvero abbandonato subito dopo il parto, fino alla fine dei suoi giorni. La sua è una storia di successi ed insuccessi. Successi scolastici, successi teatrali, successi con il sesso femminile. Insuccessi soprattutto dovuti alla scoperta della sua  identità sessuale. La confessione, come di regola per un cattolico osservante, al prete di turno, che gli conferma che quello che pensa è peccato, e solo con l’astinenza potrà uscirne fuori.
Dopo l’università e la laurea in legge entrerà a far parte del partito Repubblicano, così lontano dalle sue idee, visto che è un democratico convinto. Ma il partito e il suo lavoro gli daranno quello che lui cerca invano in altre cose, un guscio protettivo, un ambiente ristretto dove il lavoro che fa è ben apprezzato e lo fa sentire parte di tutto quello che lo circonda, nonostante molti dei suoi amici gay lo abbandoneranno proprio per le politiche omofobe dello stesso partito, incolpandolo dei successi elettorali dello stesso.
Diventerà un personaggio importante nel periodo della presidenza Reagan e della prima presidenza Bush. Le sue aspirazioni politiche e il carisma con il pubblico che lo spingeranno verso le  più alte sfere del potere. Troverà finalmente anche pace, tra alti e bassi, a livello sentimentale. Conoscerà Pete Nilsson che sarà l’ultimo uomo della sua vita, il vero amore.
A portarlo via sarà l’Aids. Siamo negli anni novanta, dove il contagio era ancora alto tra gli omosessuali, soprattutto per uno come Michael abituato, nei suoi periodi di scoramento, a utilizzare il sesso promiscuo con sconosciuti, come valvola di sfogo. Anni in cui il governo repubblicano aveva voltato la faccia alla malattia, scoperta nei primi anni 80, approfittando per considerare i gay contro natura, appellandosi a vecchie leggi del XVIII secolo, e non facendo nulla per avvertire la popolazione contro il pericolo che si correva, perché l’Aids era considerata la malattia dei gay.
Gli saranno vicini tutti i suoi amici più fidati, fino alla fine, soprattutto Pete, sua sorella Mary e Susan la sua più cara amica di sempre. Deciderà di essere seppellito nel convento di Roscrea, in Irlanda, dove era nato, per fare in modo che sua madre Philomena, prima o poi riesca a trovarlo, e così sarà.
Il romanzo di per se è un bel libro, scritto bene e anche commovente, se non fosse per il titolo  così fuorviante.
Voto al romanzo: 7,5 – Voto al titolo: 2





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