giovedì 27 agosto 2015

RECENSIONE – Tempi glaciali di Fred Vargas



Torna dopo quattro anni di assenza dalle scene del crimine, il Commissario Adamsberg, lo “Spalatore di Nuvole”. Forse sarò un po’ troppo di parte per scrivere una giusta recensione, ma io adoro Jean-Baptiste Adamsberg, e in questi quattro anni ne ho sentito la mancanza, tanto che non so se riuscirò ad essere super-partes. Fred Vargas dice che i noir sono le favole per gli adulti di oggi, e “Tempi glaciali” un po’ lo è. Il romanzo mescola all’inizio due piste contrapposte, nel tempo e nello spazio. Tutto comincia con due suicidi, quello di una professoressa di matematica, trovata morta nella vasca da bagno, e quella di uno scienziato che si è sparato alla testa. Lo sembrano dei suicidi,  ma in realtà non lo sono. Sono ben camuffati. Quando i corpi vengono ritrovati, accanto ad ognuno, vi è inciso uno strano simbolo che porterà Adamsberg a viaggiare tra l’Islanda ed i seguaci della Rivoluzione Francese. Convinti che siano due omicidi il commissario e i suoi sottoposti, verranno a conoscenza che le vittime erano legate ad una misteriosa gita in una remota isola islandese, ma anche ad una specie di setta di fanatici della Rivoluzione francese, che ricostruiscono le sedute dell’Assemblea Generale, e del periodo del Terrore di Robespierre. Adamsberg e il suo fido Danglard dovranno indagare a fondo per venire a capo dei due delitti. Ma sappiamo che il primo è un uomo apparentemente poco razionale, privo di un metodo di indagine, sempre distratto e in giro per le sue camminate, in cerca dell’ispirazione che gli farà risolvere il caso. Mentre il secondo sembra essere il suo esatto contrario. Coltissimo, grande bevitore, in sovrappeso ma elegante. È l’uomo d’ordine che bilancia il caos del suo comandante. Il tutto si svolgerà nella questura del quindicesimo arondissement, piena di personaggi caratteristici, dall’energica Violette Retancourt, allo specialista in pesci d’acqua dolce Voisenet, al dolcissimo Estalère, al graduato più volgare dell’Anticrimine Noël, al malato di sonno Mercadet, all’esperto di favole Mordent fino alla mascotte del commissariato, il gatto Palla. Quella che sembra “un ammasso intricato di alghe”, un groviglio di eventi che appare sempre più confuso, è in realtà una storia di cui Adamsberg riesce a legare i fili invisibili delle connessioni, fino a rischiare, per riannodarli, partendo per l’Islanda, di perdere il posto. Ma il commissario sa che quel viaggio è necessario, perché due persone vi persero la vita, e le due uccisioni più recenti sembrano legarsi a quelle passate e al gruppo dei seguaci di Robespierre. D’altronde è “l’afturganga” a chiamare il commissario, che non si può esimere di andare a sentire quello che lo spirito misterioso deve comunicargli. Nonostante tutto alla fine Adamsberg avrà come al solito ragione. Spalare le nuvole lo porterà alla soluzione del caso, dove tutta la logica del suo secondo Danglard non potrà mai arrivare. Voto: 7,5

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