Prima opera che leggo di
Sepùlveda, anche se è uno scrittore affermato con milioni di lettori al
seguito. Le sue opere finora non mi hanno mai attirato e c’è voluto il Book Jar
per poter leggere qualcosa di suo. Complici i luoghi di cui il racconto parla e
che da sempre vorrei visitare, il libriccino non mi è per niente dispiaciuto.
Lo scrittore cileno in esilio, conosce a Barcellona Bruce Chatwin e tra una
bevuta e l’altra accetta, appena potrà ritornarvi, di accompagnare lo scrittore
inglese in un viaggio in Patagonia sulle orme dei due fuorilegge americani
Butch Cassidy e Sundance kid, che terminarono la loro “carriera” in America
Latina. Ma Sepùlveda quel viaggio lo farà da solo. Chatwin, avrà già intrapreso
“quel viaggio inevitabile”, un lungo viaggio attraverso montagne e mari
infiniti. Quindi lo ritroviamo in attesa, dopo la fine dell’esilio, nel porto
di Chonchi, sulla grande isola di Chiloè, pronto per imbarcarsi sul Colono ed
iniziare il viaggio, con la sua Moleskine al seguito, per appuntare tutto ciò
che vedrà, tutto quello che sentirà. Conoscerà nel suo giro una umanità molto
variegata. Leggenda e realtà si confonderanno spesso, ma le cose essenziali non
si perdono mai di vista. L’autore si ritroverà a riscoprire se stesso, in tutte
le persone che incontra e all’interno delle loro storie. E’ un viaggio
interessante nel sud del mondo, dove tutto e tutti hanno un significato, non
esiste l’indifferenza e ogni storia è degna di essere narrata. Bellissimi i
paesaggi raccontati dallo scrittore, tanto da farmi spulciare ad ogni nuovo
luogo le immagini su Google (molte persone dicono che dopo aver letto questo
libro hanno desiderato mettersi in viaggio per la Patagonia , per me non è
così… E’ un sogno ricorrente che faccio da tempo, anche prima di questo libro).
Racconto dai toni lenti e pacati, la storia si rivela al lettore come un
cammino di riscatto per ritrovare la perduta voglia di vivere, cercata proprio
là, dove il mondo sembra finire. Voto: 7
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