Non vorrei mai stroncare un libro della Cornwell
della serie della anatomopatologa Kay Scarpetta. Non lo vorrei fare perché mi
ricordo ancora i primi libri, belli, appassionanti che non avresti mai voluto lasciare un attimo se non quando li avessi finiti. Ci ho passato nottate,
insieme a Kay Scarpetta, a Pete Marino, ho visto crescere Lucy, ho visto l'evolversi dell’amore per Benton Wensley, che continua a non starmi per niente
simpatico nonostante tutto … Eppure, eppure quando è troppo, è troppo.
E’ ormai troppo tempo che Patricia Cornwell “sforna”
best seller giusto per accontentare il suo editore, senza tenere in nessun
conto la qualità di ciò che si spaccia per un romanzo thriller e senza timore
alcuno di poter deludere i suoi assidui lettori.
Libri come questo “Letto di ossa” con la Dottoressa
Scarpetta che arranca e ci fa arrancare per stare dietro al filo del racconto,
tra i soliti problemi di Marino, il tran tran familiare con il marito profiler
dell’FBI e le vicende amorose della nipote Lucy, hacker che gira in elicottero.
Non ci si meraviglia che in poco meno di trecento pagine di libro non si parli
neppure una volta del serial killer, del quale ci si ricorderà giusto per due o
tre frasi nelle pagine finali, dove si approfondiscono le motivazioni di tutta
la storia.
Il confronto con le prime opere con protagonista l’intelligente
coroner di origini italiane non regge nemmeno dopo un minuto. Pertanto ne
sconsiglio la lettura, soprattutto ai fans della Cornwell che ne rimarrebbero
delusi.
La storia è noiosa, macchinosa e a tratti insensata.
Ci sono personaggi inutili, che distraggono, e non danno niente alla storia. Il
recupero del cadavere in mare è la parte più interessante, anche se risulta
essere inutilmente troppo lunga ai fini del racconto. Magari si poteva fare a
meno della descrizione degli interminabili viaggi in macchina, andata e
ritorno, con dialoghi ramanzina A e DA Marino.
Dico solo che dopo tutte le promesse di “sostanza”
che fanno capolino nelle prime cinque pagine, la vicenda si risolve (senza capo
ne coda) nell’ultima decina, perdendo di vista i canoni elementari di qualsiasi
storia “gialla” e tirando fuori un assassino che più macchietta non si può. Si
ha quasi la sensazione che l’autrice stanca anche lei del libro abbia voluto
farci la grazia e abbia chiuso il tutto in fretta e furia.
Il personaggio più simpatico risulta essere il Capo
Maximum di tutte le operazioni, il generale Briggs, che in una lunghissima
riunione a detta di tutti importante, vede bene di alzarsi e andarsene.
E poi che dirvi … anche lo stesso personaggio di Kay
… diventata così lamentosa, così insicura, così paranoica … Non mi piace
proprio …. Lei nonostante tutte le cose brutte che vedeva ed era costretta a
vedere, era una che infondeva coraggio … Così proprio no. Risulta piagnucolosa,
se non addirittura noiosa, sempre con questa sensazione di essere accerchiata
da persone che vogliono prevaricarla, farle del male, per il suo raggiunto
successo. Alla fine un po’ stanca!
Voto: 5 (e sono buona!)
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