L’autrice di
questo libro, Rachel Joyce, è una scrittrice le cui mani abili hanno saputo
scrivere una storia che qualche tempo fa mi ha fatto emozionare dopo tanto
tempo, facendomi piangere e ridere nello stesso tempo, lasciandomi un piacevole
sorriso sul viso dall'inizio alla fine: "L'imprevedibile viaggio di Harold
Fry”. E' bastato leggere questo suo romanzo, per farmi scattare la scintilla e
farmi aspettare con il fiato sospeso la sua nuova opera. Non è un sequel, sia
chiaro, ma io l'ho aspettato come se lo fosse, con lo stesso entusiasmo!
“Il bizzarro
incidente del tempo rubato” inizia con la storia di Byron Hemmings, un bambino
di dodici anni, precisamente nell’anno 1972. Anno bisestile.
Il mondo si
accorge che proprio per questo la rotazione della terra non corrisponderà più
al tempo indicato sugli orologi e che l’unica cosa da fare è quella di
aggiungere al tempo 2 secondi in più.
Ma Byron non è
convinto di questa cosa, gli sembra piuttosto pericolosa. In due secondi può
succedere di tutto: “Puoi fare un passo in più e cadere in un burrone.” Byron
non si spiega come tutti possano
rimanere tranquilli e che quei due secondi imprevedibili, significano un
momento in più in cui può succedere qualsiasi cosa, mentre per lui inizia una
continua ricerca, un'osservazione attenta di tutto quello che gli sta intorno
per carpire il momento esatto
dell'aggiunta.
Mai si sarebbe
potuto immaginare che proprio l’osservare tutto con occhio diverso avrebbe
potuto cambiare per sempre la sua vita e quella della sua famiglia “quasi”
perfetta.
La sua mamma, da
sempre scrupolosa ed attenta, in una mattina in cui si è in ritardo, come se
fosse una cosa impossibile per loro, prende una scorciatoia che non avrebbero
mai dovuto prendere ed investe con la macchina una bambina con una bicicletta
rossa.
Solo Byron però
sembra essersi reso conto del dramma, nemmeno Lucy sua sorella che aveva gli
occhi chiusi, nemmeno la sua mamma. Nessuno ha visto la ragazzina con la
bicicletta rossa finire sotto la macchina. Ma Byron si fa prendere dal panico e
vuole trovare un modo per rendere sua madre consapevole di quello che ha fatto,
senza sapere che la sua buona azione scatenerà delle conseguenze terribili.
In parallelo
alla storia di Byron, torniamo ai nostri tempi e leggiamo della vita di Jim,
uomo con una strana vita, ricoverato più e più volte in gioventù in un ospedale
psichiatrico, in preda a disturbi ossessivo-compulsivi, che lo portano ad
eseguire dei rituali ogni giorno per essere sicuro che non accada niente di
brutto. L'imprevisto che sconvolge le sue giornate così metodiche, si chiama
Eileen, una donna tutt'altro che metodica e tranquilla e che, forse proprio per
questo suo essere l'opposto di Jim, lo attrae a tal punto da accettare di avere
qualcuno al suo fianco, vivendo una storia d'amore quasi adolescenziale, sia
nei sentimenti che nelle problematiche. Le storie dei due protagonisti sono
apparentemente distaccate ma si capisce immediatamente che c’è una connessione
tra loro. Lo si scoprirà alla fine, ma lo si intuirà immediatamente.
Ma la morale del
libro, non è ne la storia di Byron, né quella di Jim. Quello che il libro ci
vuol far capire è che siamo schiavi di qualcosa che solo un insieme di regole
fissate da qualcuno. Se una cosa si chiama come si chiama e non con un altro
nome, se ci svegliamo alle 6 e 30, se si va a scuola alle 8 e 30 e in ufficio
alle 9, e si pranza in un determinato orario è perché se non lo facessimo ci
sarebbe il caos. Ci sarebbe gente che va al lavoro e gente che pranza e gente
che va a letto. Nessuno capirebbe più cosa è giusto e cosa non lo è. “A volte è stupefacente guardare una cosa e
sapere che, se solo si cambia punto di vista, potrebbe significare altro.”
Ci troviamo
davanti ad una storia diversa da quella raccontata ne "L'imprevedibile
viaggio di Harold Fry" eppure, la Joyce assolutamente non ha perso il suo
tocco magico che sa rendere tutto quasi ovattato, pur essendo estremamente
schietta nella scrittura. Non so spiegarlo ma, ancora una volta, nel leggere
una sua opera, mi sono sentita come sprofondare in un mare di cuscini morbidi,
cullata come in un abbraccio, in una tenerezza senza fine. Ecco, questo è
l'effetto che mi fa Rachel Joyce. E' una carezza, anche quando tratta argomenti
difficili, è sempre e comunque una carezza.
Voto: 8,5
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